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Martire della Massoneria ucciso
dai fascisti. Firenze, la sua città, gli ha dedicato una Via e da diversi
anni il Comune di Firenze depone, nell'anniversario della morte, una corona
d'alloro sulla sua tomba, nel cimitero di Trespiano.
Giovanni Becciolini, impiegato,
era stato neutralista, ma fu volontario di guerra. Repubblicano e socialista
fu intimo amico dei fratelli Rosselli, in particolare di Carlo, e di Ernesto
Rossi e fu uno dei dirigenti di "Italia Libera". Il gruppo contestava
con Gaetano Salvemini la scelta di Turati di ritirarsi "sull'Aventino
delle proprie coscienze", anziché esprimere con forza tutto lo sdegno
per le azioni compiute dal fascismo. Dopo l'abolizione della libertà di
stampa, la voce dell'opposizione si fece ancora più flebile. La reazione
dei giovani militanti socialisti fiorentini fu immediata attraverso l'uscita
di un nuovo giornale clandestino NON MOLLARE - Bollettino d'informazione
durante il regime fascista (qui a fianco la prima pagina del n.1 del marzo
1925 di NON MOLLARE, dedicato al re d'Italia e alla libertà di stampa).
La diffusione fu a livello nazionale e si arrivò a tirare quasi 12.000
copie. Il 20 settembre 1925 si riuscì a pubblicare, tra varie difficoltà,
il settimo numero di NON MOLLARE, in cui fu riportata la lettera che Cesare
Rossi aveva scritto a Mussolini minacciandolo di rivelare il nome del
mandante dell'assassinio Matteotti. Sette giorni dopo Mussolini, a Vercelli,
dichiarava che tutte le residue opposizioni andavano "abbattute, calpestate,
sepolte". I fascisti fiorentini che già all'inizio dell'anno gli avevano
gridato "Duce, scioglici le mani" lo presero in parola. Del resto gli
squadristi della Legione dell'ex scozzesista giustinianeo, e ora ras del
fascismo fiorentino, Tullio Tamburini avevano già mostrato la loro anticipatrice
solerzia il 20 luglio, aggredendo a Montecatini Giovanni Amendola, rappresentante
dell'Unione nazionale e Fratello "in sonno".
Vi è purtroppo, tra gli storici
contemporanei della Massoneria italiana, una sorta di pudore autocensorio
nel ricordare che le squadre fasciste di Firenze, di cui sarà vittima
anche Becciolini, erano agli ordini dell'ex Massone e Scozzese del GOI
Tullio Tamburini, come se la leggenda di Hiram e dei malvagi compagni
non fosse un monito e un mito che si rinnova continuamente. Ben più franco
è Aldo A. Mola che, tra l'altro, definisce Tamburini "lo spretato, il
famigerato… livido astro … diretta espressione di [un altro ex affiliato,
il ras di Cremona] Roberto Farinacci".
Immediate dunque le rappresaglie
e le spedizioni punitive che culminarono in quella che è definita, volta
a volta, con definizioni efficaci, la "notte di S. Bartolomeo" o il "pogrom",
tra il 3 ed il 4 ottobre. Infatti nella notte del 25 settembre 1925, scrisse
Salvemini, "i fasci fiorentini iniziarono una 'caccia all'uomo' contro
i massoni che durò sino al 5 ottobre; dando luogo all'impresa "più atroce
tutte le azioni criminose compiute dagli squadristi in quell'anno", come
affermò Manlio Cancogni, mettendo a sacco abitazioni e negozi e commettendo
aggressioni e violenze nei confronti di decine di persone, lasciando uccise
forse il doppio delle quattro persone ufficialmente annoverate.
Anche per la dolente rievocazione
letteraria fattane da Vasco Pratolini nel romanzo Cronache di poveri amanti
(Vallecchi, Firenze, 1947) sono ben note le pagine più macabre di quel
pogrom. Vi rimasero uccisi, oltre a Becciolini, i Massoni Gaetano Pilati,
ex deputato socialista e mutilato di guerra, e l'avvocato Gustavo Console,
mentre nella stessa notte veniva data alle fiamme, nella vicina San Baronto,
la villa del Gran Maestro del GOI Domizio Torrigiani.
Giuseppe Becciolini, iniziato nel
1922 nella Loggia "Galilei" di Firenze, nel 1925 era Segretario della
celebre Loggia di Rito Simbolico "Lucifero" del Grande Oriente d'Italia.
La fase più acuta della "notte
di san Bartolomeo" antimassonica iniziò nella notte del 3 ottobre con
l'assalto squadristico proprio alla casa dell'anziano Maestro Venerabile
della Loggia "Lucifero" Napoleone Bandinelli dal quale gli squadristi
contavano di poter ricavare informazioni sull'organizzazione liberomuratoria
toscana. Mentre Bandinelli opponeva resistenza agli squadristi che cercavano
di trascinarlo alla vicina sede del fascio Giovanni Becciolini, suo vicino
di casa, si levò a difendere il suo Venerabile, col quale - afferma Giordano
Gamberini - stava predisponendo un Verbale di tenuta di Loggia. Col suo
coraggioso intervento, con le armi alla mano, consentì al Venerabile di
mettersi al sicuro, fuggendo sui tetti.
Rimasto nelle mani della squadraccia,
a Becciolini fu addebitata la morte di uno degli assalitori, Giovanni
Luporini, rimasto ucciso da un colpo di pistola, esploso nel corso della
colluttazione, e il cui vero responsabile non fu mai individuato con precisione,
anche se, messolo per sempre a tacere, fu incolpato l'assalito. Ma sulla
dinamica dei fatti esistono versioni diverse e contrastanti. Come che
sia, tradotto nella sede della squadraccia, fu selvaggiamente seviziato.
Ricondotto presso l'abitazione di Bandinelli, fu massacrato presso i cancelli
dei Mercati centrali. Il suo cadavere, di cui era stato fatto scempio,
fu esposto all'orrore della folla.
Aveva solo 26 anni. Tre giorni
prima della sua tragica fine, aveva scritto al Fr.:. Menotti Baldini:
"Qui le cose non vanno troppo bene, come saprai. Ci vuol pazienza,
fino a che questa non scappa una volta per sempre e allora non sarà cambiato
sistema. Tutto ha un limite, nelle cose umane. E tutto passa. L'idea sola
rimane a tutto ed a tutti sopravvivendo, perché elevata a generatrice
di bontà e di generosità".
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