DIALOGO
SUL COMPASSO
ORATORE:
Venerabile Maestro, il tema dell’Istruzione di grado circa il
compasso implica una certa apertura. Voce contro voce, mi permetterai
perciò che mi sia d’altro braccio il 2° Sorvegliante
e che mi sia d’aiuto, a mo’ di noce del compasso, il Maestro
delle Cerimonie affinché distribuisca e faccia circolare i
supporti visuali che ho approntato.
(si attende l’eventuale risposta)
ORATORE: Carissimo 2° Sorvegliante, non riusciremo
mai a dir tutto e, forse tralasceremo concetti importanti. Ma se qualcosa
ci sfuggirà avremo una nuova occasione quando si dirà
della squadra. Partiamo dalle generali per scendere in profondità.
Puoi dire…
2° SORVEGLIANTE: Posso dire che nel linguaggio
iconografico convenzionale, il compasso è considerato l’emblema
delle scienze esatte, del rigore matematico, di fronte alla fantasia
immaginativa, alla poesia. Che la nozione di regola, di rettitudine,
è d’altra parte alla base del Tradizione iniziatica.
ORATORE: E io posso aggiungere che il compasso è
stato interpretato come l’immagine del pensiero che disegna
o percorre i cerchi del mondo; tracciando le immagini del movimento
ed essendo mobile esso stesso, il compasso è diventato il simbolo
del dinamismo costruttore, l’attributo delle attività
creatrici. La figura perfetta del cerchio con il punto centrale. La
sorgente di vita. A seconda della sua apertura la circonferenza varierà,
ma “uno immoto”, ma l’Uno, il centro rimane immutato,
come reca scritta questa incisione del 1702. Ti prego Maestro delle
cerimonie, fai circolare il supporto visuale.
(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale
n. 1)
2° SORVEGLIANTE: Possiamo inoltre dire, come
dicevano i filosofi, che “nella squadra e nel compasso si trova
la perfezione del quadrato e del cerchio”.
ORATORE: I filosofi dicevano ben di più.
Da Pitagora a Platone. Nella tradizione pitagorica, alla quale si
deve la scoperta sperimentale dei rapporti fra i suoni e l’analogia
fra perfezione dei numeri e figure geometriche, il circolo e la figure
poligonali regolari e quelle della geometria solida, tutte costruibili
con squadra e compasso, erano gli elementi con cui l’Ente Supremo
aveva costruito armonicamente l’Universo. Ma siamo in Camera
d’Apprendista e non voglio svelare gli arcani del 2° grado.
“Nessuno ignaro della geometria entri sotto il mio tetto”
raccomandava Platone, erede di Pitagora, a chi voleva far parte della
sua esoterica Accademia. Per chi volesse approfondire l’argomento
posso consigliare la lettura delle opere del Fratello Arturo Reghini.
2° SORVEGLIANTE: Noto anche che, conformemente
al simbolismo del cerchio e del quadrato, il compasso è più
specificamente in rapporto con la determinazione del tempo, la squadra
con quella dello spazio.
ORATORE: È proprio così. Un disegno
di William Blake, intitolato il Vecchio dei Giorni misura il tempo,
rappresenta un vecchio nel disco solare, che tende verso il mondo
un immenso compasso. È la celebre illustrazione che accompagna
nel Paradiso Perduto di Milton (libro VII) il passo in cui
si legge che Dio, dopo essere entrato nel caos,
« prese l’aureo compasso / che custodito nel tesoro eterno
/ Dio si stava a circoscrivere questo / ampio universo e quanto in
lui si racchiude. / L’un piè fe’ centro e per la
vasta oscura / profondità l’altro aggirando disse: “Fin
qui ti stendi: ecco i confini tuoi / la tua circonferenza è
questa o mondo”. / Così il Ciel cominciò, così
la Terra materia informe e vuota... ».
(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale
n. 2)
2° SORVEGLIANTE: In Occidente, specialmente
a partire dal medioevo, questo strumento fu dunque il simbolo della
geometria, dell’ordine cosmico e dell’azione pianificatrice.
Da questo punto di vista è stata la tradizione segreta riguardante
la costruzione delle cupole dei duomi a dare allo strumento una particolare
dignità simbolica. Le illustrazioni dei manoscritti medievali
– questa è una miniatura del 1250 –
(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale
n. 3)
mostrano il Creatore del mondo come un geometra che con il compasso
definisce il cerchio della Terra.
ORATORE: Dici bene . Ma prima di Milton, già
Dante cantava il Dio Architetto:
«Colui che volse il sesto / allo stremo del mondo, e dentro
ad esso / distinse tanto occulto e manifesto» (Paradiso, 19,
40-42). A voler significare che il supremo Artefice è infinito
ma il risultato della sua Opera è definito e in esso alcune
cose ci sono intellegibili e altre no.
2° SORVEGLIANTE: È vero sesto significa
compasso. Mi hai fatto rammentare che quando usiamo la locuzione “rimettere
in sesto” o il verbo “assestare” abbiamo probabilmente
obliato che, etimologicamente, le due espressioni hanno strettissime
attinenze col compasso, la cui apertura corrisponde ad un sesto della
circonferenza descritta e perciò l’arco a tutto sesto,
per gli antichi muratori operativi, fu dunque il simbolo della precisione
esecutiva, dell’ordine e dell’armonia. Da cui il suo contrario,
dissesto e dissestare.
ORATORE: Già. Si sarà compreso che
il compasso nell’architettura sacra rappresenta la conoscenza
trascendente, l’archetipo che controlla tutte le opere.
2° SORVEGLIANTE: Archetipo? Principio primordiale
e universale? All’inizio del tuo parlare hai definito il compasso
come una delle basi della Tradizione iniziatica. Puoi dimostrarlo?
ORATORE: Potrei dire che la sua forma richiama la
lettera A, il principio di tutte le cose. Ricordo che, per il Fratello
Oswald Wirth, il compasso richiama anzi la figura umana per il fatto
che presenta una testa e due arti che si allargano a volontà.
Del resto la stessa etimologia della parola, “cum” e “passus”,
richiama l’atto dell’uomo che misura con precisione la
terra attraverso i suoi passi. Assieme alla squadra , è uno
dei più antichi strumenti inventati dall’uomo. Ma la
tua domanda forse intendeva anche altro. Posso dunque farti questo
esempio. In Occidente ti ho accennato a Pitagora. Ma tanto nell’esoterismo
occidentale che nell’antica Cina, il compasso — generalmente
associato alla squadra — è un importante simbolo cosmologico:
esso serve, come s’è detto, a misurare e a tracciare
il cerchio, mentre la squadra serve a tracciare il quadrato. In Cina
come in Occidente, il compasso e la squadra evocano rispettivamente
il Cielo e la Terra. In Cina, li si attribuisce a Fu-hsi e Niù-kua,
che sono i principi maschile e femminile della manifestazione. Tuttavia,
quando Fu-hsi e Niù-kua sono uniti, con le loro code di drago
intrecciate, i rispettivi attributi si invertono o, più esattamente,
sono scambiati. Allora Fu-hsi è raffigurato con in mano una
squadra, simbolo del lavoro materiale yin, mentre l’imperatrice
Niù-Kua, moglie di Fu-hsi, iniziata alle arti magiche e che
introdusse la musica, è raffigurata con in mano un compasso,
simbolo di potere “temporale, energetico, ondulatorio yang”,
essa era la raffigurazione della ierogamia, la sintesi ricostituita
dello yin e dello yang,
(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale
n. 4)
in cui la figura yang porta l’attributo yin e viceversa, allo
stesso modo che nella rappresentazione del T’ai-ji, la metà
yang include un punto yin e la metà yin un punto yang. Per
inciso, Fu-hsi è il mitico imperatore e presunto scopritore
dei famosi «simboli geometrici», gli esagrammi usati in
Cina per la divinazione, da noi noti come I-Ching, e che
tanto studiò il nostro fratello Carl Gustav Jung, che appartenne
al Rito Scozzese Rettificato.
2° SORVEGLIANTE: Che meraviglia… Anche
in in Occidente, il compasso e la squadra sono attribuiti rispettivamente
alle due metà —maschile e femminile — dell’Androgino
ermetico (Rebis), corrispondenti al Sole e alla Luna, che sovrasta
un vecchio drago. Nella tradizione ermetico—alchemica, la figura
androgina del Rebis, che letteralmente significa “cosa doppia”,
tiene nella mano destra (lato maschile) il compasso e in quella sinistra
(lato femminile) la squadra, come ci illustra il Viatorum spagyricum
del 1625 o Il Trattato dell’Azoth di Basilio Valentino
del 1659.
(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale
n. 5)
In Massoneria e in genere nell’esoterismo il concetto di “Dualità”
o “Diade”, come avrebbe detto Platone, è fondamentale.
ORATORE: Lo hai detto. La figura del Rebis ermetico
può essere associata oltre che alla squadra e compasso al nostro
pavimento a scacchi e ancor più visivamente al T’ai-ji.
La vertiginosa libertà dell’analogia e l’indescrivibile
infinità che l’esoterismo offre al nostro pensiero e
alla nostra arte del costruire ti farà associare il T’ai-ji
al nostro Solstizio d’inverno, una delle maggiori feste massoniche.
2° SORVEGLIANTE: Si, è il culmine dell’oscurità,
yin, ma è anche il momento in cui il punto di luce, yang, comincia
a risorgere. E anche la squadra è un compasso a braccia mobili
ed un compasso a 90° è una squadra.
ORATORE: Vedi bene come la capacità intuitiva
stessa subisce una folgorazione. Ma più prosaicamente, l’espressione
compasso e squadra (in cinese gui-chi) indica i buoni costumi
e il giusto ordine, ne fa l’armonia complementare delle influenze
celesti e terrene. Coomaraswamy e Guénon hanno accostato questo
simbolo alla misura — o determinazione — dei limiti del
Cielo e della Terra, di cui parla il Veda, e hanno evocato
il ruolo dell’architetto celeste Vishvakarma, come anche quello
del Grande Architetto dell’universo massonico. Nel simbolismo
esoterico (dell’antica Cina come dell’Occidente), la combinazione
di compasso e squadra era considerata immagine simbolica della congiunzione
del cerchio, ovvero il cielo (compasso), con il quadrato, ovvero la
terra (squadra), dunque della perfezione, la giusta combinazione di
spirito e materia.
2° SORVEGLIANTE: Abbiamo dunque trattato il
compasso, in quanto strumento dell’intelligenza che crea pianificando,
simbolo di energia creatrice attiva e di attività intellettuale
ponderante, d’intelligenza, di equità, di temperanza,
di prudenza, di giustizia, di sincerità e di verità,
tutte virtù fondate sul senso della misura. Del resto di un
uomo si dice che è “compassato” quando sa ben ponderare
le sue azioni. Il compasso è diventato anche l’emblema
e l’attributo di diverse scienze e delle loro personificazioni,
della geometria, dell’astronomia (e della Musa Urania che la
personifica con globo e compasso), dell’architettura e della
geografia, sempre perché esso è lo strumento della misura
e, particolarmente, dei rapporti. Assieme alla squadra fu, durante
il Medioevo, emblema di molte corporazioni di mestiere. Era impedito
portarlo, ha rilevato Guénon, solo ai calzolai e ai fornai.
Ma cos’è nella nostra antica Istituzione?
ORATORE: Fra i simboli massonici il compasso è
una delle tre «grandi luci» (insieme al libro sacro e
alla squadra). Affinché il Maestro Venerabile possa dichiarare
aperti i lavori è indispensabile che il Primo Sorvegliante
abbia sistemato ritualmente le tre grandi luci del tempio che sono
appunto il compasso, la squadra e il libro sacro e che si ricollegano
al cerchio ideale dell’amore onnicomprensivo. Il compasso, in
particolare, esprime così l’atteggiamento nei confronti
degli altri affiliati e dell’intera umanità. Nel nostro
rito di iniziazione, al neofita che pronunzia il giuramento che lo
lega alla istituzione massonica, viene appoggiata sul petto la punta
del compasso a significare che, da quel momento in poi, tutte le sue
azioni dovranno essere ispirate all’ordine, all’armonia,
alla razionalità. L’Apprendista impara che la punta di
un compasso è fissata nel proprio cuore mentre l’altra
unisce l’iniziato a tutti gli altri. Già nel 1793 si
sottolinea che le punte del compasso, una centrata al cuore e l’altra
rivolta a circoscrivere un ideale spazio, significano che il «Fratello
Massone» deve mostrarsi aperto nei confronti del mondo, «un
uomo che collabora alla pace e alla felicità, onesto e giusto».
E dunque il Maestro Massone, posto «fra la squadra e il compasso»,
svolge un ruolo di mediatore del Grande Architetto dell’Universo.
2° SORVEGLIANTE: Rilevo anche che squadra e
compasso sono sovrapposti e non sottoposti al Libro sacro: ciò
perche il Massone, Libero Muratore, rifiuta qualsiasi concezione religiosa
che non s’appelli alla ragione e sia in conflitto con la morale.
E mi sovvengono ora le posizioni relative del compasso e della squadra
che sul Libro sacro manifestano così i diversi stati nei quali
si trova l’Operaio in rapporto alle forze materiali e spirituali.
E così…
ORATORE: Ti prego, Fratello mio, ti scongiuro. Sono
il Custode delle Leggi. Non obbligarmi a richiamarti alla retta osservanza.
Siamo in Camera d’apprendista e non è consentito rivelare
i segreti dei due gradi successivi…
2° SORVEGLIANTE: Cuore contro cuore, voce contro
voce, non dubitare di me, Fratello. Sono il 2° Sorvegliante e
mio compito è istruire la colonna di settentrione degli Apprendisti
e assicurarmi della loro attitudine massonica. Il gioiello che indosso
indica il mio equilibrio e rettitudine. Volevo solo dire che se la
squadra è posta sul compasso, la materia domina lo spirito,
la terra è sul cielo, la luna sul sole.
Il compasso,è anche associato all’aria e la squadra alla
terra, così come il maglietto e lo scalpello al fuoco e la
cazzuola all’acqua. Nella disposizione del Grado di Apprendista,
il “principio” Materia (analogicamente correlato alla
razionalità, alla concretezza, all’analisi) prevale sul
“principio” Spirito. Il Compasso, che serve a tracciare
circonferenze e a prendere e a riportare misure, proprio questo strumento,
dunque, è il simbolo dello spirito (o essenza) e quindi della
possibilità di condizionare la materia (o forma), ed esprime
il principio attivo (data anche la mobilità delle due aste
articolate dalla “noce”), maschile, solare. Il suo significato
allegorico è “misura nella ricerca”, ma può
rappresentare altresì l’ampiezza del pensiero, dell’apertura
mentale.
Se vi è attitudine massonica ulteriori speculazioni sulla triplicità
di rappresentazione dei sempre uniti squadra e compasso, nelle loro
possibili diverse combinazioni, potranno essere fatte.
ORATORE: Certo, e aggiungo ancora che i gradi dell’apertura
del compasso rappresentano, nella Tradizione Massonica, le possibilità
e i gradi della conoscenza: «45° si rapporta all’80,
60° al 6° e 90° al quarto. La Massoneria, limitando l’apertura
del compasso a 90 gradi al massimo, indica con questo i limiti che
l’uomo non dovrebbe superare. L’angolo di 90° riproduce
la squadra, ma sappiamo che la squadra è il simbolo della materia,
il compasso è il simbolo dello spirito e del suo potere sulla
materia. Il compasso aperto a 45° indica che la materia non è
completamente dominata, mentre l’apertura a 90° realizza
integralmente l’equilibrio fra le due forze. Il compasso diventa
‘squadra giusta’». Con tale limitazione si indica
la massima conoscenza raggiungibile dall’uomo, non perché
si possa porre un limite, sia pure convenzionale alla conoscenza,
bensì, utilizzando strumenti e simboli di significato universale,
si vuole indicare che si può conoscere il conoscibile. Rammenti
le terzine dantesche che ho proposto? La comprensione di questo apparente
paradosso può essere facilitata pensando che il quadrato inscrivibile
nel cerchio con il compasso a 90° è quello simbolicamente
definito “Quadrato di Terra”, che rappresenta il macrocosmo
(tutta la manifestazione) e il microcosmo (l’uomo).
2° SORVEGLIANTE: Nemmeno facciam caso che il
disegno che rappresenta la centralità dell’uomo, in qunato
intermediario, nel “quadrato di terra” è oggi nelle
tasche di tutti gli italiani e di molti europei, essendo il simbolo
impresso sulla moneta da un euro.
(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale
n. 6 – la moneta di 1 Euro con l’immagine di Leonardo)
È la nota immagine dell’uomo vitruviano, conservata
nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia
di Venezia. Leonardo lo realizzò nel 1490, riprendendo il testo
del terzo libro del De Architectura del celebre architetto
romano Vitruvio, riguardante le proporzioni umane: “Vetruvio
architetto mette nella sua opera d’architettura che le misure
dell’omo sono dalla natura distribuite in questo modo. Il centro
del corpo umano è per natura l’ombelico; infatti, se
si sdraia un uomo sul dorso, mani e piedi allargati, e si punta un
compasso sul suo ombelico, si toccherà tangenzialmente, descrivendo
un cerchio, l’estremità delle dita delle sue mani e dei
suoi piedi”. È così che Leonardo scriveva dell’opera
che aveva appena realizzato. Il suo uomo s’iscrive in modo perfetto,
a mo’ di mediatore, in piedi con le gambe e le braccia allargate,
nelle figure geometriche che abbiamo considerate perfette: il cerchio
e il quadrato.
ORATORE: O ancora si può pensare che la limitata apertura
del compasso sia ammonimento a contenere le azioni entro i limiti
fissati dalla morale comune e dalla propria coscienza. Il compasso,
lo strumento che aprendosi progressivamente - ma non illimitatamente
- traccia circonferenze sempre più grandi è simbolo
perciò dell’apertura mentale dell’uomo, capace
di dimensioni sempre maggiori, di obiettivi sempre più ambiziosi,
pur con la coscienza del limite. Inoltre, aggiungo, nulla impedisce
di aprire consapevolmente il Compasso a più di 45° nei
Lavori in grado di Apprendista, Compagno e Maestro, né, in
linea teoricamente geometrica, si può escludere che il compasso
venga aperto a più di 90°, poiché questo strumento
traccia cerchi o rapporta misure fino a 180°. Di fatto, sarebbe
anche facile trovare tutta una serie di corrispondenze analogiche
con le varie posizioni delle due aste: chiuse, aperte a certi gradi
fino a 180° e anche oltre fino a riunirsi di nuovo. Forse non
a caso in inglese compasso e bussola si chiamano allo stesso modo.
La circonferenza che esso traccia è anche la figura geometrica
nella quale non è dato distinguere il principio dalla fine,
donde è simbolo dell’eternità e quindi di perfezione;
per questo motivo - asserisce Platone (Timeo VII, 33 b) -
il Demiurgo artefice dell’universo ha dato a questo ultimo la
forma della sfera, «... la più perfetta di tutte e la
più omogenea a se medesima, convinto che l’omogeneo è
infinitamente più bello di ciò che non è tale».
Sulla stessa metaforo della sfera è la folgorante e concisa
metafora medievale: «Dio è una sfera infinita, il cui
centro è ovunque e la circonferenza in nessun luogo »,
che io preferisco nella citazione di Marsilio Ficino: «Iddio
è spera intellegibile il cui centro è in ogni loco la
circumferentia in nessuno».
2° SORVEGLIANTE: Il Compasso è un Simbolo
operativo. Può rappresentare il modo di essere di colui che
è pronto ad allargare la propria visione dell’Universo.
In questo senso appare come una condizione indispensabile per vivere
in modo completo le esperienze esistenziali che ci vengono proposte
dalla Vita. L’apertura variabile del Compasso ci propone un
ulteriore spunto di riflessione: mentre la Squadra, con il suo angolo
fisso a 90°, si presenta come mezzo di riferimento per le nostre
osservazioni, il Compasso propone il nostro arricchimento interiore
come fine mirato delle esperienze. I Simboli di Squadra e Compasso,
uniti insieme, rappresentano il modello di sintesi operativa nella
nostra ricerca della conoscenza, fatto di rigorosità di giudizio
e di desiderio di libertà interiore.
Si è già mostrato che questi strumenti corrispondono
palesemente al cerchio e al quadrato, ossia alle figure geometriche
che rappresentano rispettivamente il cielo e la terra e abbiamo compiuto
altre analogie. Penso al cerchio e vedo il simbolo del Cielo (e, con
un punto centrale, al Sole). Penso al punto, al relativo, che nel
tracciare il cerchio con l’altra asta si confronta con l’infinito.
Penso alle sue caratteristiche di mobilità e di spiritualità.
Come ogni strumento e ogni simbolo, penso che il compasso rappresenti
genericamente l’uomo, ma che, in particolare, si riferisca al
pensiero e serva a misurare la nostra apertura mentale. Vi è
un esercizio che è possibile fare, su se stessi, con esso,
con l’ausilio della squadra e i 4 elementi. Ce lo indica il
fratello Ivan Mosca. Ma non voglio dilungarmi su di esso giacché
riguarda la misura “metafisica” dell’ampiezza del
nostro personale pensiero – mi sarà di giubilo estenderlo
a chi lo vorrà conoscere. Penso anche alla sfera nella geometria
solida e, nell’ermetismo alchemico, al simbolo dell’Oro.
Abbiamo anche veduto che è il simbolo del rigore con cui devono
essere impostate le azioni umane e della capacità dello spirito
di incidere sulla materia.
ORATORE: L’oro. Ah, l’oro e la capacità
dello spirito di incidere sulla materia. Abbiamo parlato del Paradiso
Perduto e del compasso. Parleremo infine dell’Età dell’oro
perduta e di Saturno. Saturno, originariamente divinità agraria,
contava fra i suoi attributi la misurazione delle terre e il compasso
pure è attributo di Saturno, e poiché Saturno è
anche il dio del tempo — zoppicante, triste e taciturno, un
meditativo «alla ricerca dell’incognito, alla ricerca
della pietra filosofale e dell’estrazione della quintessenza»,
— il compasso è diventato simbolo della malinconia. Ce
lo mostra Dürer in una delle sue celebri incisioni, di un esoterismo
quasi intollerabile, dedicate a questa disposizione d’animo:
la Melencolia I.
(Il Maestro delle cerimonie fa circolare il supporto visuale
n. 7)
A volte mi pare l’abito dell’Apprendista. L’abito
mentale di tutti noi, convinti come siamo, con quel modo saturnino
che forgiò i migliori ingegni del Rinascimento, di un mondo
decrepito che ha bisogno di essere ricondotto alla sua giovinezza,
di un Occidente che non è più in grado di intendere
il linguaggio del mito, del simbolo, degli Antichi Misteri. Ma poiché
nel mondo delle idee nulla si distrugge, l’originario messaggio
è sopravissuto presso la nostra Istituzione per quanto orbato
della sua remota e primigenia Luce.
2° SORVEGLIANTE: Nell’incisione del 1514
si allude, tra l’altro, alla “materia al nero”,
la prima fase della grande Opera. La figura alata in atteggiamento
meditativo , tine in mano un compasso ed è circondata da una
serie di oggetti e strumenti, con un genio e un cane. È un’allegoria
dell’opera nel suo momento d’avvio, caratterizzato da
un clima di morte e di nerezza, ma confortato dai segnali di riuscita
(l’arcobaleno, il “quadrato magico”, le ali)
ORATORE: È così. Tutto dev’essere
senno, beneficio e giubilo. Che l’opera riprenda forza e vigore
per la costruzione del Tempio interiore e dell’Umana Famiglia.
Mi piace pensare, con intuitiva immediatezza, come due volte abbiam
veduto, che la testa dello strumento, laddove le aste si congiungono
per formare la cosiddetta “noce” che infatti è
volta ad Oriente, sia nelle mani del Sommo Costruttore dell’Universo,
della cui natura l’Uomo è intriso più di quanto
possa razionalmente supporre, come ben sa qualsiasi Fratello Massone.
Riprendiamo il nostro faticoso ma fecondo cammino verso la Luce.
[………………………………………………………………………………………………………………………]
MAESTRO VENERABILE: Fratello Oratore, vi prego di
darci le vostre conclusioni.
ORATORE: Non scordiamoci mai, anche quando siamo
nel mondo profano, di essere Massoni. Non c’è solo la
Parola perduta o la Parola sostituita. A volte, nella storia visibile,
è già accaduto di dover sostituire la squadra e il compasso.
Il piccolo fiore blu, che molti di noi, portano appuntato all’occhiello
del bavero della giacca, è un “Non ti scordar di
me”. Da alcuni anni in tutta Europa si celebra la Giornata
della Memoria - l’anniversario della liberazione del campo
di sterminio nazista di Auschwitz, avvenuta il 27 gennaio del 1945.
Anche i Massoni hanno la loro memoria. All’inizio del 1934,
con l’ascesa di Hitler al potere, divenne chiaro che la Libera
Muratoria era in pericolo. In quello stesso anno la “Gran
Loggia del Sole” (una delle Grandi Logge Tedesche d’anteguerra
con sede a Bayreuth) capendo la gravità del pericolo, adottava
il piccolo fiore blu come sostituto della tradizionale squadra e compasso,
di cui s’è parlato in questa Tornata.
Si pensò infatti che tale nuovo simbolo avrebbe diminuito il
rischio di riconoscimento dei Fratelli da parte dei nazisti che erano
impegnati nella confisca totale dei beni di tutte le Logge massoniche.
In quegli anni la libera Massoneria tedesca operò al coperto
e questo fiore delicato assunse il ruolo di simbolo della sopravvivenza
dell’Istituzione in quegli anni bui. Durante il decennio del
potere nazista il distintivo di questo piccolo fiore blu, il “Non
ti scordar di me” (Das Vergissmeinnicht) servì
come segno grazie al quale i Fratelli poterono riconoscersi uno con
l’altro in pubblico, nelle città, nei campi di prigionia
e di concentramento.
Il “Non ti scordar di me”
significava la volontà dei Fratelli di mantenere viva la Luce
della Libera Muratoria. Quando la “Gran Loggia del Sole”
fu riaperta a Bayreuth nel 1947 dal Past Gran Maestro Beyer, un piccolo
distintivo a forma di “Non ti scordar di me”
fu ufficialmente adottato come l’emblema della prima riunione
annuale dei fratelli sopravvissuti agli amari anni della clandestinità.
Alla prima riunione annuale della nuova Gran Loggia Unita di Germania
nel 1948, il distintivo fu adottato come emblema massonico ufficiale
in onore delle migliaia di valorosi Fratelli che continuarono i lavori
muratori sotto il nazismo. L’anno seguente, ogni delegato alla
Conferenza dei Grandi Maestri a Washington, D.C., ricevette uno di
questi distintivi da parte del Gran Maestro della Gran Loggia Unita
di Germania Theodor Vogel.
Il piccolo fiore azzurro dotato di cinque petali, nel linguaggio floreale
significa vero amore, amicizia e fedeltà, e con tale significato
da allora è entrato a far parte della tradizione muratoria.
Nel suo ambito la nostalgia sentimentale interpersonale diventa dolce
reminiscenza ed impegno in ciò che i Fratelli tedeschi chiamano
Brüderkette, la catena fraterna, che può solo
essere temporaneamente spezzata nella sua manifestazione visibile.
Moreno
Neri
RIFERIMENTI
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